Dopo la febbre, quanti giorni di convalescenza?

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Rispettare i tempi di convalescenza è il modo migliore per evitare ricadute o nuove infezioni. Vediamo come gestire il recupero dopo una malattia che ha causato febbre alta.

Dopo una malattia febbrile, virale o batterica, dedicare alcuni giorni alla convalescenza diminuisce il rischio di ricadute.

La convalescenza è indispensabile per il recupero della completa competenza immunitaria.

Dopo qualsiasi episodio febbrile è normale attendere un po’ di tempo prima di riprendere le normali attività che, nel caso del bambino piccolo, sono principalmente due: poter uscire di casa e frequentare l’asilo nido o la scuola materna/elementare. Il problema che però si pongono tutti i genitori è: quando i bambini reduci da una malattia possono riprendere una vita “normale”?

La convalescenza va sempre rispettata

Cominciamo allora con il chiarire un concetto cardine: un periodo di convalescenza a seguito di una malattia (un infortunio, un intervento) è una norma prudenziale che va sempre rispettata, nel bambino così come nell’adulto. Per convalescenza si intende il momento che va dalla regressione dei sintomi alla completa guarigione. Nel caso delle malattie infettive, rispettare questo periodo di riposo è un favore che non si fa solo a sé stessi ma anche agli altri: dopo la fase acuta può infatti permanere, oltre alla fragilità individuale, anche una contagiosità per gli altri, che scema con il passare dei giorni.

Se non si rispettano i tempi corretti di recupero post malattia, aumentano i rischi di ricadute o di infezioni opportunistiche. È quindi errato considerare lo sfebbramento come l’atto conclusivo della malattia e il segno della avvenuta guarigione.

I motivi per cui bisogna rimanere a casa

Ci sono due ragioni fondamentali per cui, dopo una malattia febbrile di tipo virale o batterico, aumenta la fragilità dell’organismo: la prima ragione è dovuta al fatto che, in malattia, si utilizzano massicciamente le proprie risorse immunitarie. Il secondo motivo va cercato nel fatto che queste ultime, per rendere inospitale il terreno ai germi patogeni, hanno prodotto grandi quantità di radicali liberi i quali però determinano anche una situazione di maggiore vulnerabilità. Inoltre, in caso di malattia batterica che ha richiesto la somministrazione di antibiotici, la debolezza immunitaria è accentuata dal fatto che questo tipo di farmaci, quale effetto collaterale, alterano la composizione della flora batterica intestinale. E quest’ultima è strettamente coinvolta anche nella cosiddetta competenza immunitaria dell’organismo. Bisogna quindi attendere che il microbiota dell’intestino abbia tempo e modo di ricostituirsi.

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Il rischio è la ricaduta

Se non si rispettano i tempi corretti di recupero post malattia, aumentano i rischi di ricadute o di infezioni opportunistiche. Nel caso della malattia influenzale, una delle più diffuse in età infantile, queste giungono fino al 5% del totale dei casi (nella fascia di età da 0 a 6 anni). Si tratta per lo più di affezioni alle vie respiratorie, in genere bronchiti. È quindi errato considerare lo sfebbramento come l’atto conclusivo della malattia e il segno della avvenuta guarigione.

Quanto deve durare il periodo di riposo?

Sempre tenendo come riferimento una malattia influenzale (ma il discorso vale anche per quelle batteriche), il periodo di convalescenza dovrebbe essere di circa cinque giorni, che possiamo suddividere in: 2+3. I primi due giorni tale periodo di riposo dovrà essere trascorso in casa, consentendo al bambino di giocare liberamente ma senza “scatenarsi” e osservando attentamente se c’è una ripresa della vivacità, dell’appetito e una diminuzione dei sintomi residui della malattia, come scolo nasale, colpi di tosse, regolarizzazione dell’attività intestinale e così via. Nei tre giorni a seguire si potrà (se il tempo lo consente) cominciare a fare qualche uscita, approfittando delle ore più adatte e sempre continuando il monitoraggio dei sintomi residui di cui abbiamo fatto cenno. Al termine di questo periodo si possono finalmente riprendere le normali attività, ragionevolmente sicuri che non ci saranno problemi. 

Il ruolo dell’alimentazione in convalescenza

Assumere i cibi più adatti nel periodo che segue una malattia febbrile è molto importante, perché consente di accelerare il recupero e rendere quindi più proficuo il periodo della convalescenza. Eccettuato il periodo della primissima infanzia, in cui la scelta alimentare è dettata da esigenze legate all’allattamento o allo svezzamento, se il bambino è in grado di mangiare tutto, ci sono due cibi che non dovrebbero mancare: lo yogurt e la frutta fresca. Il primo aiuta a ricostituire la flora batterica intestinale (specialmente in caso di terapia antibiotica) mentre la frutta fresca aiuta a reintegrare la vitamina C, che ha un potere antiossidante, molto utile per neutralizzare l’azione dei radicali liberi che sono stati prodotti nella fase di malattia.

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