La febbre da 6 mesi in su

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Mano a mano che il bimbo cresce, la febbre perde quel carattere di “urgenza” che deve essere invece avere quando è neonato. Vediamo quali sono le caratteristiche (e le indicazioni) per il giusto approccio nei confronti dei rialzi febbrili dai 6 ai 24 mesi.

Dopo i sei mesi di vita il bambino è particolarmente soggetto alle malattie virali perché viene meno l’azione biologica e protettiva del latte materno, il quale non è più un alimento esclusivo. Inoltre, cominciando l’avventura degli asili nido (per chi ci va) è più facile entrare in contatto con germi che, pur non essendo particolarmente pericolosi, sono molto virulenti.

La febbre, comunque, non va drammatizzata: a sei mesi molte delle malattie più pericolose del periodo neonatale sono rare. E quindi, più che la febbre, è necessario valutare con il pediatra la comparsa di eventuali altri sintomi.

Se nei primissimi mesi di vita ogni rialzo febbrile deve essere monitorato con molta attenzione per via della fragilità del bambino piccolo, è chiaro e intuitivo che, con il passare dei mesi, aumenta la resistenza e la capacità di reazione nei confronti delle aggressioni virali, tipiche dell’infanzia. Ci troviamo però, allo stesso tempo, in una situazione in cui mamme e papà rischiano di sentirsi un po’ spaesati, perché molto spesso le linee guida si soffermano sulle indicazioni per i neonati, ma sono meno chiare in relazione a che cosa fare con bambini anche solo poco più grandi.

Alcuni rischi diminuiscono con il tempo

Uno dei motivi per cui si tende a concentrare più attenzioni alla fase neonatale riguarda il fatto che ci sono alcune malattie, sfortunatamente anche gravi, che tendono a manifestarsi proprio in questa finestra temporale e che, con il tempo, diventano statisticamente meno frequenti.Al di là di quelle a trasmissione diretta di infezioni da madre a bambino, l’attenzione è rivolta anche al virus respiratorio sinciziale, responsabile della bronchiolite. Inoltre, specie nei primi mesi, i bambini malati sviluppano sintomi molto poco specifici, qualunque sia il germe che ha provocato la malattia: febbre, vomito, diarrea è la classica triade di manifestazioni che, invece, dopo i sei mesi, tende a differenziarsi un po’ di più, offrendo così ai genitori qualche indizio ulteriore per comprendere quale possa essere la causa del rialzo della temperatura.

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Inizia la vita di comunità

Un altro aspetto importante che va considerato nei bambini al di sopra dei sei mesi è il seguente: entrano in una fascia di età in cui è possibile che inizino a frequentare gli asili nido. Ebbene l’alta circolazione di germi, soprattutto dei virus, unita a una scarsa “competenza immunitaria” (il sistema delle difese del bambino giunge a maturazione più avanti) fa sì che in questa fase della vita i piccoli si ammalino spesso. Al punto che, fino ai 2 anni di età, possono presentarsi anche sei episodi infettivi in un solo anno. Paradossalmente il neonato nei mesi di esclusivo allattamento al seno è più protetto, poiché nel latte materno passano anche sostanze immunologicamente attive in grado di difenderlo laddove lui, con i suoi anticorpi, non riuscirebbe.

Come comportarsi

Poste queste premesse è importante allora sapere come affrontare questa maggiore vulnerabilità del bambino di età compresa tra i sei mesi e i due anni, in modo da rivolgersi al pediatra di libera scelta (o al pronto soccorso pediatrico) in maniera appropriata, senza ansie ma anche senza sottovalutazioni. Il rialzo febbrile nel bambino con più di sei mesi non deve essere vissuto con quella idea di urgenza che contraddistingue invece lo stato di malattia nel neonato. Laddove nel primo mese il ricorso al pronto soccorso pediatrico è assolutamente raccomandato dalle linee guida della Società Italiana di Pediatria, dopo il sesto mese il consulto con il pediatra di libera scelta rappresenta la soluzione migliore. E, sulla base dei sintomi, si potrà stabilire la necessità di una visita e in quali tempi. Va comunque considerato come anche una eventuale febbre alta non sia di per sé indicativa di malattia grave: le infezioni virali possono infatti causare impennate di temperatura molto rapide e importanti, pur trattandosi spesso di infezioni non pericolose per un bambino sano.

Un veloce sunto su che cosa si deve fare

In caso di febbre, a partire dai sei mesi in su, la prima cosa da fare è misurare la temperatura con un termometro elettronico posto in sede ascellare. La temperatura può essere presa ogni 4/6 ore ma le misurazioni più significative sono quella del mattino (attorno alle 10) e quella della sera (attorno alle 18). Il pediatra va consultato telefonicamente per verificare l’opportunità di una visita, sapendo però che alcuni sintomi richiedono un approccio di urgenza. Questi sono: la comparsa di lesioni simili a lividi sulla pelle, uno stato di torpore associato a rigidità della nuca e segni di disidratazione (come l’eventuale fontanella infossata, occhi cerchiati e infossati anch’essi, pelle e labbra secche, mancanza di salivazione e scarse urine e molto concentrate). Per il resto, il bambino va tenuto poco vestito perché possa scambiare con facilità la temperatura con l’esterno e gli va proposto spesso da bere, poiché l’idratazione è più importante dei cibi solidi, nella fase acuta di malattia.

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